Potrebbe essere un pianeta o una stella nana bruna o rossa. I suoi abitanti? Creatori della razza umana.
Stiamo parlando di John Matese e Daniel Whitmire,  emeriti professori di fisica presso la University of Louisiana a  Lafayette,  che, nel novembre 2010, hanno pubblicato uno studio sulla  rivista scientifica Icarus, concernente la possibile esistenza di un enorme corpo celeste in prossimità della nube di Oort, un ipotetico  alone sferico che si estende fino ai confini dell'influenza  gravitazionale del Sole, tra le 20 mila e 100 mila unità astronomiche  (da 0,32 a 1,58 anni luce), costituito da milioni di nuclei di comete e  per questo paragonabile a un grosso “serbatoio”.
Cosa ci sia di preciso in quella zona ai  margini del nostro sistema solare ancora non lo sappiamo con certezza,  ma  l'ipotesi è che laggiù ci sia qualcosa di mastodontico, un pianeta o  una stella nana, bruna o rossa, con una massa  pari a circa quattro  volte quella di Giove, che interferirebbe nelle orbite delle comete  avvicinandole alla nostra stella. L'idea che il nostro sistema solare  sia di tipo binario, cioè composto da due diverse stelle che ruotano una  intorno all'altra, non è una cosa nuova. Già nel 1984, David M. Raup e John J. Sepkoski Jr,  paleontologi della University of Chicago, presentarono sulla rivista  Nature il risultato di una loro indagine statistica, che rivelava una  periodicità costante nelle estinzioni di massa avvenute durante gli  ultimi 250 milioni di anni. La causa di questi eventi, che  scientificamente assumono la denominazione di transazioni biotiche,  sarebbe da imputare a un corpo celeste sconosciuto che ogni 26 milioni  di anni attraverserebbe la nube di Oort, disturbando col suo campo  gravitazionale l'orbita delle comete ivi presenti, alcune delle quali  finirebbero per colpire la Terra. 
Si perché per i nostri antenati vissuti  all'alba dei tempi, quando il cielo si scrutava ancora ad occhi nudi,  questi fatti non sembravano affatto rappresentare un mistero. Storie affascinanti e misteriose, spesso ai limiti della  credibilità, capaci di mettere in crisi la visione delle cose che la  scienza ritiene di avere ormai acquisite e che comunque non possono non  essere considerate come portatrici di almeno un po di verità. E' proprio  alla luce di queste considerazioni che abbiamo deciso di indagare su  Nibiru partendo dalle origini, da quel giorno in cui nella più grande  biblioteca dell'antichità, quella del re Assurbanipal, a Ninive (odierna  Kuyunjik in Kurdistan, nelle vicinanze di Mossul), vennero alla luce  circa 25000 tavolette d'argilla scritte in caratteri cuneiformi, alcune  delle quali lasciarono attoniti gli addetti ai lavori, facendo sorgere  seri dubbi sulla reale storia dell'uomo. In alcuni documenti, vecchi di  circa seimila anni, viene descritta la nascita del nostro sistema  solare; altri manufatti, datati intorno al 2000 a.C., descrivono in maniera completa e minuziosa i  pianeti della via Lattea indicandone dimensioni e caratteristiche,  peculiarità, queste, acquisite dall'astronomia solo in epoche  decisamente più vicine a noi. E' il caso dell'incisione sumera  conservata presso il Vorderasiatische Museum di Berlino, catalogata con  la sigla VA/243, che raffigurerebbe in scala tutti i principali corpi celesti del nostro sistema solare.
Ciò  che intriga anche gli scettici più incalliti è proprio l'elevato grado  di sviluppo tecnologico raggiunto da questa civiltà, che già 4000 anni  prima di Cristo utilizzava un sistema di stampa a caratteri mobili.  Leggi, precetti e documenti di cui era necessario dimostrarne  l'autenticità, venivano realizzati con dei cilindretti in pietra su  ciascuno dei quali era inciso in rilievo un pittogramma. Questi  “caratteri tipografici” venivano infine impressi sull'argilla bagnata e  servivano per scrivere, comunicare, tramandare ai posteri usi,  consuetudini e notizie di fatti accaduti. Se consideriamo che  l'invenzione della stampa viene attribuita al tedesco Johann Gutenberg intorno  alla metà del 1400 e che i primi rudimenti di questa tecnica risalgono  intorno all'anno mille per opera dei cinesi, c'è da chiedersi come  facciano ancora certi storici a giudicare nella norma simili conoscenze.  Considerando il grado di sviluppo intellettuale e tecnologico posseduto  da questa civiltà, pur assumendo per semplicità di calcolo che ci sia  stato nel tempo un progresso lento ma costante della ricerca  scientifica, oggi dovremmo essere qui non a pianificare un viaggio su  Marte ma a preparare la colonizzazione di altri pianeti al di fuori del  nostro sistema solare! I Sumeri, per chi ancora non lo sapesse, avevano  delle conoscenze matematiche sbalorditive, basate non sul sistema  decimale, quello che noi uomini dell'era spaziale utilizziamo nella vita  di tutti i giorni, ma su quello sessagesimale, oggi impiegato per le  misure temporali, astronomiche, angolari e geografiche (coordinate).Nonostante il letterato abbia dedicato  tutta la sua vita allo studio delle lingue semitiche e sia un esperto di  civiltà Sumera, tanto da essere considerato uno dei pochi studiosi al  mondo capace di decifrare le iscrizioni scritte in caratteri cuneiformi  che ricoprono i bassorilievi e le tavolette d'argilla ritrovate in tutto  il Medio Oriente, le sue affermazioni vengono giudicate inattendibili  dal mondo scientifico per l'assenza di prove a sostegno. Sitchin  sostiene che circa 4,5 miliardi di anni fa, quando il nostro sistema  solare era ancora in fase di formazione, un corpo celeste vagante nello  spazio venne catturato dal campo gravitazionale di Nettuno che ne deviò  la traiettoria verso l'interno. Giunto in prossimità di Giove, la forza  di attrazione del “colosso gassoso” lo fece sobbalzare su un'orbita  ancora più interna e uno dei sette satelliti naturali dell'oggetto venne  a trovarsi sullo stesso percorso di Tiamat, un pianeta  che allora esisteva tra Marte e Giove. L'impatto tra i due corpi  celesti fu inevitabile. Nello scontro, una parte dei frammenti di Tiamat  vennero catapultati nello spazio dando origine alle comete, altri  andarono a formare la cintura di asteroidi oggi presente tra Marte e  Giove. Ciò che rimase dell'astro originò il sistema Terra-Luna. Da  allora, l'oggetto celeste portatore di morte e distruzione  ripercorrerebbe l'antico tragitto ogni 3500 anni, seguendo un'orbita  ellittica molto ampia. Il suo nome è Nibiru, che in  lingua accadica significa “punto di attraversamento”. Anche se come  abbiamo detto all'inizio questa teoria di Sitchin è fortemente  contrastata da storici e ricercatori, che la ritengono il frutto di una  sua personale interpretazione, le ultime scoperte scientifiche sulla  formazione della Luna avvalorerebbero il suo pensiero. La datazione  isotopica dei campioni di roccia lunare portati a Terra dagli  astronauti, evidenzierebbe che il nostro satellite risale a circa 4,5  miliardi di anni fa, lo stesso periodo in cui si suppone sia nata la  Terra. Inoltre, analizzando la composizione della Luna è emerso che  questa è pressoché identica a quella del mantello terrestre privato  degli elementi più leggeri, evaporati per la mancanza di un'atmosfera e  della forza gravitazionale necessarie a trattenerli. 
E non finisce qui! Infatti Nibiru  potrebbe essere quella compagna del Sole, tanto decantata da Matese e  Whitmire, nota con il nome di Nemesis. Se così fosse,  però, il periodo orbitale dell'astro sarebbe di circa 26 milioni di anni  e non di 3500 come supposto da Sitchin! Di conseguenza, potremmo  finalmente ammettere di aver sfatato un po di bufale che da tempo  circolano in rete sulla fine del mondo attesa per il 21 dicembre 2012,  visto che l'incontro-scontro con Nibiru-Nemesis sarebbe rimandato di  qualche milione di anni. Nel frattempo gli scienziati della NASA, grazie  al telescopio spaziale infrarosso Wide-Field Infrared Survey Explorer (WISE), scandagliano il cielo alla ricerca di nuovi corpi celesti e chissà se prima o poi, dopo la scoperta di WISE 1828+2650, la  stella nana bruna più piccola e fredda mai osservata prima, possano  finalmente annunciare al mondo che il “pianeta  dell'attraversamento”esiste realmente. Ma c'è un ultimo aspetto che  vorrei toccare a proposito del caso Nibiru, e riguarda i suoi abitanti  menzionati in molti testi epici e religiosi della Mesopotamia. Dopo aver  tradotto l'Enuma Elish, il poema mesopotamico sul mito  della creazione, Zecharia Sitchin si sarebbe reso conto che quelli  che  venivano rappresentati come degli dei dall'archeologia ufficiale, erano in realtà dei pianeti o esseri viventi di altri mondi: i sumeri li chiamavano Anunnaki. Erano  gli abitanti di Nibiru, una razza tecnologicamente avanzata molto  simile a quella umana ma di statura più alta, arrivati sulla Terra circa  450 mila anni fa, con l'intento di instaurare un cantiere per  l'estrazione dell'oro indispensabile per la sopravvivenza del loro  pianeta. Nell'Africa meridionale e centro-orientale trovarono le zone  ideali per scavare le proprie miniere. Il minerale una volta trasformato  in polveri sottili e rilasciato nell'aria avrebbe riparato i danni  arrecati all'atmosfera: dall'eccessivo calore del Sole, nel punto in cui  la distanza tra i due corpi celesti diventa minima e dall'aumento di  velocità che Nibiru subiva nella parte più stretta della sua traiettoria  ellittica. 
Durante la loro permanenza terrestre gli alieni, attraverso un'operazione di ingegneria genetica avrebbero dato vita all'Homo Sapiens,  incrociando la loro razza con gli abitanti primitivi (ominidi) della  Terra. Il nuovo essere doveva servire per coadiuvare gli Anunnaki, essenzialmente come forza lavoro,  nelle operazioni di prelievo dei metalli dalle miniere. Mentre la  scienza si chiede quale film di fantascienza abbia visto Sitchin per  arrivare a fare simili affermazioni, qualcosa di veramente sconcertante si apprende dalle Sacre Scritture e precisamente  dal capitolo 6, versetti 1-8 del libro della Genesi: «1  Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero  loro figlie, 2 i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano  belle e ne presero per mogli quante ne vollero. 3 Allora il Signore  disse: «Il mio spirito non resterà sempre nell'uomo, perché egli è carne  e la sua vita sarà di centoventi anni». 4 C'erano sulla terra i Giganti  a quei tempi - e anche dopo - quando i figli di Dio si univano alle  figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli  eroi dell'antichità, uomini famosi. 5 Il Signore vide che la malvagità  degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno concepito dal  loro cuore non era altro che male. 6 E il Signore si pentì di aver fatto  l'uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo. 7 Il Signore disse:  «Sterminerò dalla terra l'uomo che ho creato: con l'uomo anche il  bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito  d'averli fatti». 8 Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore.» E' possibile che i figli di Dio fossero gli Anunnaki, angeli caduti dal cielo, asessuati, in  grado di assumere sembianze umane e replicare la sessualità dell'uomo a  fini riproduttivi? Se così fosse, chi erano invece i giganti?
Di loro troviamo traccia non solo nella  mitologia mesopotamica ma anche in quella romana e greca, dove venivano  descritti come creature prodigiose e abili conoscitori dell'arte della  lavorazione del ferro. Come si può dimenticare il celebre combattimento  biblico tra Davide e Golia o lo scontro tra Ulisse e Polifemo nel poema  omerico dell'Odissea? La risposta a tutte le nostre domande è contenuta  nel misterioso Libro di Enoch, un testo apocrifo di  origine giudaica e dai contenuti sconcertanti risalente al I secolo  a.C., rinvenuto   nel 1773 dall'archeologo scozzese James Bruce, in una  grotta del sito archeologico di Qumran (ebraico: קומראן, arabo: خربة قمران - Khirbet Qumran),  sulla riva nord-occidentale del Mar Morto. In tutti i 108 capitoli che  compongono l'opera vengono affrontati temi incredibili, da lasciare a  bocca aperta anche gli scienziati più integerrimi. Infatti, oltre a  tipiche descrizioni narrative e parabole, l'autore parla di visioni  apocalittiche e metafisiche, viaggi in cielo, concetti di astronomia e  astrologia. Tutto ebbe inizio quando un gruppo di “angeli ribelli”  capeggiato da Samyaza, un angelo di rango elevato, decise di scendere  sulla Terra sotto sembianze umane per studiare da vicino gli altri figli di Dio  (gli esseri umani) e insegnare loro ad amare. Ma durante la loro  permanenza gli angeli vollero strafare e spiegarono: agli uomini lo  studio delle costellazioni, dei pianeti e la costruzioni delle armi;  alle donne l'arte della seduzione e della bellezza. Alla fine furono  proprio loro ad adulare le femmine umane accoppiandosi con esse  e dando  origine a delle creature ibride: i giganti o Nephilim. Per aver dato ai  loro “fratelli umani” conoscenze nuove e proibite gli angeli caduti furono puniti da Dio. E' chiaro a questo punto che i famigerati Anunnaki non erano giganti bensì angeli.
Nel suo libro dei segreti, Enoch li  descrive come uomini grandissimi come mai ne aveva visti prima: il viso  lucente come il sole, gli occhi ardenti come lampade, le  braccia simili  a delle ali d'oro. Impaurito dalla loro imponenza l'uomo restò  impietrito, immobile, con lo sguardo pieno di paura. E' facile  immaginare come questi esseri non fossero in realtà delle divinità ma  degli alieni in carne ed ossa con tanto di tute spaziali; gli antichi  vedendoli scendere dal cielo li scambiarono per degli dei e da qui  presero forma i miti, le leggende e i testi sacri di tutto il mondo.   Chi ha orecchie per intendere, intenda.
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